La chiesa del monastero di Brugora
La
facciata della chiesa è semplicissima essendo costruita
da blocchi squadrati di rocce dure. Essa è coronata
da un timpano con gronda sorretta da mensola. Una sola finestra
circolare si apre in alto poco sotto i due pioventi del
tetto, e nell’interno le volte a crociere con nervature
rotonde lascerebbero intendere che essa, fosse in origine
coperta di tetto a capriate, cui si sostituirono solo più
tardi quelle volte con nervature già tendenti allo
stile ogivale,
La porta invece è intatta come poteva essere originariamente
e l'archivolto decorato tutto quanto con animali quadrupedi
di forme mostruose e sorrette in basso da mensoloni con
teste rozzamente scolpite, risponde in tutto allo stile
introdotto dai cluniacensi e di cui è cospicuo esempio
fra di noi con maggiore ricchezza d’arte. L’archivolto
figurato di Santa Maria di Calvenzano, priorato della congregazione
di Cluny fondato nel 1100 dall’arcivescovo Anselmo
IV di Milano.
Alla chiesa antica potrebbero appartenere le colonne, ora
visibili, che erano state murate nella parete di mezzo della
chiesa.
Le colonne presentano capitelli romanici e uno dei capitelli,
in parte nascono da muratura, porta scolpito un animale
alato. L’interno della chiesa è diviso in due
parti, allo scopo di ottenere una chiesa accessibile ai
fedeli ed una riservata alle religiose. La chiesa presenta
lesene di pietra viva, sulle quali si impostano gli archi
acuti e le nervature delle volte a crociera. Le murature,
di ciottoli a spina di pesce, sono ricoperte da stucchi
barocchi.
La
chiesa esterna è stata restaurata e decorata nei
secoli XVII e XVIII tanto che non conserva più nulla
della originaria struttura. La pala dell’altare, che
era pregevole opera del Procaccino, è stata tolta
dal tempio e trasportata nella pinacoteca di Brera, è
stata poi sostituita con una tela rappresentante la crocefissione
che il cardinale ha giudicato discreta.
I due “comunichini” delle monache a destra e
a sinistra dell’altare sono divenuti dei reliquari.
Goffredo da Bussero ricorda che nel 1266 la chiesa interna
o coro delle Benedettine, aveva un altare dedicata a Santa
Caterina e un secondo dedicato a San Pietro martire. Nella
chiesa esterna vi era invece l’altare di Santa Maria
e l’altro altare dedicato a san Nicola.
Presso la porta della sacrestia vi è scritto il precetto
di San Carlo Borromeo:
“Tempore
quo sacra fiunt, colloquia non fiant “.
Verso la porta di uscita, si legge la seguente lapide in
latino:
“A
Federico Cribello
Onestissimo cavaliere dell’ordine Calatravis
Erudito in greco e latino e in molte scienze che fece distribuire
tutte le sue ricchezze ai poveri.
Gli erogatori cavalier Fabrizio Simonetta
Francesco Cribello e Giacomo casati
Questo sepolcro fecero e curarono
Morì il 28 aprile 1589”
Il
campanile è a pianta quadrata, il chiostro è
del cinquecento e presenta due ordini di colonne di ghiandone
senza unghie di protezione fra il toro ed il plinto. Le
colonne non sono cilindriche e prismatiche come quelle romaniche,
ma con doppia rastremazione alla maniera rinascimentale.
I capitelli sono toscani nel cortile della Foresteria ed
affini ai corinzi nel secondo cortile, sempre però
con esecuzione grossolana. Gli archi del piano terreno sono
ribassati, quelli superiori approssimativamente a pian centro,
con la caratteristica che ad un'arcata del piano terreno
ne corrispondono due o tre del primo piano.
II
refettorio delle benedettine fu diviso più recentemente
in due sale. Sulla parete di fondo è conservato un
grande affresco della crocefissione di oltre sei metri di
lunghezza per un’altezza di cinque, con la data del
1512.
“Stanno nel fondo le tre croci del Golgota ed angeli
volanti intorno a quella di mezzo del redentore che ha ai
piedi il gruppo delle Marie, con Longino e il pio centurione.
Ai lati di costoro si elencano a destra San Gerolamo, San
Paolo, Sant’Ambrogio, San Domenico, San bruno ed altri
tre Santi, ed a sinistra l’apostolo San Pietro, San
Benedetto, San Pietro martire ed altri Santi.
Sotto le arcate del piano terreno si vedono le effigi di
San Pietro e San Polo con la scritta in bei caratteri del
rinascimento:
“Isti
sunt duo olivi et duo
Candelabra lucentia ante
Dominum”
Quando
Diego Santambrogio nel 1909 visitò l’ex monastero
di Brugora, ammirò un capitello che già servì
per piletta dell’acqua santa.
Probabilmente si tratta della fonte battesimale che la visita
pastorale del 1578 fece togliere dalla chiesa vietando i
battesimi a brugora.
Il Santambrogio ci ha lasciato la seguente descrizione:
“All’epoca
iniziale della nascente comunità cenobitica di Brugora,
appartiene pure un elaborato e ricco capitello visibile
nell’antico chiostro ridotto ora da tempo a uso di
civile abitazione. Questo solido monolito che nella parte
cilindrica in basso va decorato di aquilette egregiamente
scolpite, offre al di sopra nell’allargamento a foggia
di cubo, un contesto di vimini tratti collo scalpello dalla
viva pietra e adorno su due facce di testine decorative”
Il capitello si eleva da terra per circa un metro su una
colonna di sostegno, e pare, dall'incavo che presenta nella
parte superiore che abbia servito ad uso di piletta dell’acqua
santa, e da questa sola reliquia scultorea sopravanzata
dell’antica chiesa conventuale, può arguirsi
quante altre preziose memorie siano andate disperse di quel
monumento.
Nell’inventario del 1919 dei beni lasciati dalle benefattrici
Angelica Ferrario vedova Scola il capitello predetto figura
elencato al n. 718 “colonnetta di pietra con pila
antica” Ora non si sa dove si trovi. Sulle pareti
della chiesa interna si vedono vari affreschi di cui uno
discretamente conservato
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